Nel riflettere sul proprio passato, sulla storia della propria chiesa, sulle vicissitudini del proprio ministero, è facile cedere alla tentazione di edulcorare i ricordi, selezionare la memoria ad uso e consumo e autogiustificarsi nel valutare le dinamiche dei fatti. Si scelgono certi fatti e se ne escludono altri, si avanzano certe ipotesi interpretative e se ne tacciono altre. Insomma si ricostruisce una storia ad hoc confezionandola per uno scopo legittimo, ma troppo utilitaristico per essere verosimile. Leggendo e scrivendo relazioni e bollettini, quante volte ci si imbatte in ricostruzioni che celebrano “le magnifiche sorti e progressive” (Leopardi, La ginestra) di quello che abbiamo fatto, senza mostrare un adeguato realismo e, fatto ancor più rilevante, rivelando una capacità o una volontà di lettura parziale e riduttiva.
Il problema di fondo non è solo storiografico, ma primariamente teologico. Nel ricostruire la storia in modo artefatto, si cade nel rischio di manipolare il giudizio di Dio, di sottostimare il peccato, di voler mostrare ciò che non si è, di idolatrare sé stessi o la propria parte. È un tentativo di riscrivere i termini dell’alleanza con Dio, rimpiazzandola con una versione indulgente e autocentrata.
Il libro dei Numeri è un bagno in un salutare realismo biblico. Incastonato nel cuore della Torah, è un libro che interpreta le complesse transizioni in corso senza reticenze o filtri assolutori. Da un lato c’è un passato glorioso alle spalle (l’esodo dalla schiavitù d’Egitto e la costituzione del popolo in quanto tale), dall’altro c’è un futuro strozzato che, invece di realizzarsi rapidamente e facilmente, sembra allontanarsi dall’orizzonte causando sofferenze e cedimenti lungo la via. In mezzo, c’è un presente in chiaroscuro fatto di infedeltà incresciosa, mancanza di fiducia, veri e propri tradimenti del Dio dell’alleanza, ma anche sprazzi di pentimento e rilanci in avanti. Tutto ciò avviene in un quadro in cui una storia in divenire che, per quanto accidentata, si muove in avanti sotto la sovrana provvidenza di Dio. In questo senso, il libro dei Numeri, oltre al suo valore canonico, ha anche un ruolo correttivo rispetto alle ricostruzioni fantasiose del nostro passato a fini autocelebrativi. Davanti a Dio non c’è posto per la mistificazione del passato e del presente. Più si è vicini allo sguardo di Dio sul mondo e sulla storia, per quanto disturbante e spiazzante esso sia, più si è vicini alla giusta interpretazione dei fatti e più ci si predispone a camminare in avanti, nella sua volontà.
In questa guida allo studio del libro dei Numeri, Gian Paolo Aranzulla conferma quanto già di buono ha offerto con i volumi precedenti su Genesi, Esodo e Levitico della medesima collana. Essa può essere pensata come una chiave per entrare nella ricchezza del libro, apprezzandone sia la visione d’insieme che i singoli fatti ed episodi narrati, e aiutando il lettore a non leggerlo in modo frammentario o episodico. Aranzulla è particolarmente abile nel mostrare la tessitura interna del racconto e la sua matrice pattizia basata su una teologia dell’alleanza donata, minacciata, rilanciata, ma sempre tenuta in mano dal Contraente divino che rimane fedele ai suoi impegni. Il volume è una degna addizione ad una collana che aiuta a scoprire il senso che Dio dà a vicende apparentemente lontane, eppure così vicine.
Leonardo De Chirico
Autore, professore e pastore della Chiesa La Breccia di Roma
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